Il 7 dicembre 2024, la cattedrale di Notre-Dame ha riaperto le sue porte, dopo oltre cinque anni di restauri, al suono della sua campana più importante e dei battiti del bastone pastorale dell’Arcivescovo di Parigi. Questo evento ha rappresentato una rinascita non solo per la storia della Francia e dell’Europa, ma anche per la Scienza. Dopo l’incendio del 15 aprile 2019 che aveva devastato la celebre struttura gotica, il restauro ha visto la collaborazione di 175 scienziati provenienti da decine di istituzioni internazionali, impegnati non solo nel recupero del monumento, ma anche in studi su tecniche architettoniche, scienze dei materiali, storia del clima e salute.
Come ha sottolineato Livio De Luca, direttore di ricerca al Centro Nazionale della Ricerca Scientifica, questo lavoro ha creato «un modello per studiare altri siti del patrimonio dell’umanità», in particolare quelli che affrontano sfide complesse di conservazione. L’effetto di questo approccio si estenderà ben oltre Notre-Dame. Tra i risultati più significativi, lo studio dei 10.000 frammenti carbonizzati del tetto e delle capriate ha permesso di ricostruire la composizione minerale del legno utilizzato nella struttura in quercia di Notre-Dame, chiamata “la foresta” per la quantità di alberi impiegati nella costruzione nel 1163. Grazie all’analisi degli isotopi stronzio-88 e stronzio-86 e dei livelli di calcio e magnesio, è stato possibile individuare un’area di centinaia di chilometri attorno a Parigi da cui proveniva il legno, e per il restauro sono state utilizzate oltre 1500 querce con caratteristiche minerali simili.
Studiando i frammenti carbonizzati, i ricercatori hanno anche ricostruito il clima medievale. Due scienziate dell’Università Paris-Saclay hanno analizzato gli isotopi di carbonio-13 e ossigeno-18 per tracciare l’andamento delle condizioni climatiche tra il 980 e il 1180 d.C., scoprendo che, sebbene l’Europa medievale fosse caratterizzata da un periodo caldo, Parigi non registrava temperature altrettanto elevate.
Un altro aspetto interessante del restauro è stato lo studio delle pietre recuperate dalla volta crollata, che ha portato a una ricerca sulla loro resistenza meccanica. Stéphane Morel, ingegnere meccanico, ha analizzato la tolleranza delle pietre alle sollecitazioni e garantito che le nuove pietre utilizzate nel restauro avessero caratteristiche simili.
Inoltre, sono stati condotti studi sugli effetti sulla salute legati all’incendio, in particolare sull’esposizione al piombo. Dopo che 285 tonnellate di rivestimento di piombo si erano fuse e diffuse nell’aria, sono stati testati 1222 bambini nelle zone a rischio, ma l’agenzia sanitaria ha confermato che non vi erano aumenti significativi delle concentrazioni di piombo nel sangue.
Infine, un altro risultato importante del restauro è la creazione di un “gemello digitale” di Notre-Dame, un modello 3D che raccoglie oltre un milione di foto e 5000 scansioni dettagliate del monumento. Questo modello, che rappresenta sia l’oggetto fisico che la conoscenza in continua evoluzione su di esso, sarà messo a disposizione della comunità scientifica internazionale dal 2025, con l’obiettivo di stimolare ulteriori progressi nella conservazione del patrimonio e nella ricerca scientifica.